Re-Tour: missione compiuta tra lacrime, sorrisi e panini. La cronaca dell’ultima tappa.

Passo dello Stelvio, 2.756 m di quota, ore 14.38. La commozione si scioglie, improvvisa, sul culmine del Passo Stelvio, cima Coppi d’Italia e meta del nostro Re-Tour. Prima un abbraccio, poi le mani corrono a nascondere le lacrime mentre la schiena si piega e i gomiti si appoggiano al manubrio della bicicletta, quasi fosse una genuflessione o una preghiera.

Noi

La fatica è finita e può lasciare spazio, sul volto, ad un sorriso ancora impastato di sudore e aria rarefatta. Dopo sessantasei chilometri percorsi, di cui 40 di salita, tutti i nostri ciclisti sono arrivati al traguardo senza staccare il piede dal pedale, senza chiedere aiuto, contando semplicemente sulle proprie forze anche quando la gamba non ne vuole sapere di spingere e il cervello implora “ancora uno”, “ancora uno”, “ancora uno”.

Non sappiamo cosa si nascondesse dietro quel pianto liberatorio: certamente la gioia e la soddisfazione per quanto fatto in questi giorni, per essere riusciti a portare a termine una piccola grande impresa che ha il sapore dell’amicizia, della sudore e della bellezza. Quella che ci ha accompagnato per tutti questi tre giorni tra montagne, cime innevate, alberi, ruscelli: un territorio in cui il tempo ha saputo rimarginare le ferite della guerra.

Perché, lo ripeteremo fin che avremo fiato, quelle montagne su cui oggi siamo saliti – il Passo Stelvio (2.756) e il Passo Gavia (2.652) – cento anni fa videro impegnati gli alpini nei combattimenti i più alti della storia militare italiana. Si combatté per tre anni (dal 1915 al 1918) nel tentativo di riconquistare il Monte Scorluzzo che fu conquistato dalle truppe austro-ungariche nei primi giorni di guerra nel maggio 1915 e mai riconquistato (almeno militarmente) dall’Italia.

Due salite che stanno al ciclismo come i Promessi Sposi e la Divina Commedia stanno alla letteratura. Si può guardarli in televisioni durante le tappe del Giro d’Italia, ma essere qui a pedalare sotto il sole è tutta un’altra storia; è come se Dante comparisse improvvisamente per raccontarci del suo viaggio dall’inferno al paradiso.

Partenza
Partiti da Temù di prima mattina il gruppo compatto ha affrontato subito la salita verso Ponte di Legno dove hanno ufficialmente inizio i 17.8 km del Passo Gavia. Su montagne come queste non ha senso aspettarsi perché si finirebbe semplicemente per andare fuori ritmo rendendo tutto ancora più duro e difficile. Fin dai primi chilometri della salita il gruppo ha iniziato così a frammentarsi ed ognuno ha proseguito con il proprio passo. Cosa che rende ancor più difficile il lavoro dei nostri accompagnatori presi tra “doveri di comunicazione”, borracce (con e senza sali minerali), distribuzione di cibo, camere d’aria e cambi di indumenti.

Così alla spicciolata tutti sono arrivati in cima al Gavia dove ad attenderli oltre al meritato riposo c’erano le calorie necessarie ad affrontare la successiva ascesa allo Stelvio. La picchiata verso Bormio è stato un piccolo regalo della montagna, una pacca sulla spalla per farci i complimenti per quello che avevamo appena fatto. Ma non c’è stato tempo per rilassarsi. Valli e fiori hanno salutato il nostro passaggio fino all’ingresso a Bormio dove, riempite le borracce, la strada è tornata a salire, lenta e inesorabile.

Gavia2

Fin dai primi metri ci si è resi conto di come questa non fosse una salita come le altre. Il timore reverenziale nei confronti di una cima così mitica (e soprattutto i tanti chilometri già percorsi) ci invitava alla cautela e il gruppo ha proseguito, frantumandosi in due tronconi, con cautela. Poi man mano che i chilometri passavano il tempo dei calcoli è finito e per i nostri dodici “eroi” (permettetemi di usare questo termine avendo visto queste montagne) è arrivato il momento di mettere da parte i calcoli e di dare tutto quello che avevano in corpo.

Così, senza scomodare i grandi, si è usciti dal ciclismo per entrare nell’epica. I nostri “ragazzi” hanno pedalato anche oltre le loro possibilità per arrivare in cima, per poter dire “c’è l’abbiamo fatta”. Una sfida con se stessi prima che con gli altri. Una sofferenza durata due ore per i primi quasi tre per gli ultimi, ma ciò che importa è l’essere arrivati lassù, tra le nuvole, e poter finalmente raccogliere il nostro premio: un panino preparato da un simpatico signore austriaco; perché, cento anni dopo, la pace ha il sapore deciso della salsiccia e dei crauti. Stelvio e Gavia, grazie per averci lasciato passare!

Stelvio

Permettetemi qualche ringraziamento finale: a chi ha pedalato, a chi ha guidato le “ammiraglie”, a chi ha preparato panini e riempito bottiglie d’acqua, a chi ci ha seguito dai social pedalando con noi sulle strade della Grande guerra. A mogli, figli e fidanzate che hanno avuto pazienza. Ora vi salutiamo ma ci vediamo alla prossima, per tornare a pedalare sulle tracce della storia. Re-Tour tornerà, state connessi!

Al via l’ultima tappa di Re-Tour: ecco cosa ci attende dall’alto del “trampolino”

Stelvio

Un famoso sociologo uzbeko dei primi del novecento la chiamava “Sindrome del Trampolino”: è quell’ansia che ti prende quando stai per fare qualcosa di importante. Sei lì in cima alla scaletta che guardi l’acqua oltre la punta dei tuoi piedi, giù in basso, ed improvvisamente ti chiedi: “Ma chi me l’ha fatto fare?”

16970589-piedi-sul-trampolinoQuesto è esattamente il clima che si respirava nel gruppo alla partenza da Temù questa mattina, perché pensare di affrontare in una sola giornata due montagne mitiche della storia del ciclismo come il Gavia (17,8 km) e lo Stelvio (22 km), cima Coppi d’Italia, non è uno scherzo. E poco importa la velocità a cui i nostri ciclisti saliranno lungo quei tornanti: portare le ruote della propria bici in cima richiederà uno sforzo non indifferenze e nessuno potrà pedalare al loro posto.

Una tappa di “soli” 66 km, ma senza un solo metro di pianura.  Oggi serve una vera impresa! Seguiteci!

Per farvi un’idea date un occhio alle altimetrie. Continua a leggere

La cronaca (II tappa): Quanto è dolce la notte a Temù, ma Gavia e Stelvio fanno già paura

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È calma la sera a Temù dopo una giornata passata a pedalare sotto il sole sulle strade della Grande Guerra. Il morale del gruppo è alto, ma la preoccupazione per la tappa di lunedì mattina con due giganti da scalare – il signor Gavia e il commendator Stelvio – tiene banco tra i nostri dodici apostoli della bicicletta. Ma è ancora presto per pensare a domani, godiamoci la soddisfazione per i 95 chilometri e i 1800 metri di dislivello che ci siamo lasciati dietro le spalle nella giornata odierna, per la cena che riposa nei nostri stomaci e per la notte di riposo che ci attende.

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Appunti di viaggio dal Tonale: Le lingue cambiano, la fatica no

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Re-Tour quest’anno parla lingue diverse – grazie alla fiera rappresentativa irlandese e al nostro amato bulgaro al volante -, ma a vederci passare per le valli del Trentino si sente sospirare una voce sola: quella del ciclismo.

22086_683425491787800_4065240856972101692_nPerché ancora prima di aver messo le nostre ruote sui primi tornanti del Tonale una cosa appariva certa: le lingue possono essere diverse ma la fatica sui volti, beh quella è la stessa. E poco importa dove si è nati, se si mangia il cheese and bread o il pan e furmac.

Così come uguale è la faccia del dolore e della paura. Allora guardando negli occhi i nostri ciclisti mentre si lasciano alle spalle le mele “Golden Delicious” della Val di Non viene da pensare alla fatica, così diversa ma per certi versi così uguale, dei soldati che 100 anni fa, tra queste stesse montagne e valli, stringevano i denti per resistere al freddo, piangevano amici morti in battaglia e sognavano di tornare ad una casa che deve sembrare sempre troppo lontana quando si convive con la paura di morire.

Per fortuna per noi oggi l’unica paura è quella di mettere il piede a terra e di dover chiedere aiuto all’ammiraglia. Se a voi sembra poco. A noi sembra una rivoluzione.

Per la cronaca siamo in cima al Tonale. Vivi. Re-Tour sulla strade della Grande Guerra continua.

A stasera con il racconto della giornata!